Patrimonio culturale: conoscenze, competenze e professionalità

Patrimonio culturale: conoscenze, competenze e professionalità

La continua trasformazione del rapporto che le comunità stabiliscono con il patrimonio culturale, con una partecipazione sempre più condivisa alla conoscenza e alla tutela, fino ad un intervento diretto nella valorizzazione e nella gestione ‘dal basso’, sollecita una riflessione profonda sulle professionalità legate ai beni culturali e su come debbano essere formate.

Da un lato si sperimentano nuove soluzioni per accostare i giovani al patrimonio culturale fin dai primi gradi di istruzione, con l’obiettivo di formare cittadini consapevoli dell’eredità culturale dei luoghi in cui crescono. D’altro canto si discute su come aggiornare l’offerta formativa dell’Università a nuove esigenze professionali, per promuovere un settore con un potenziale di sviluppo economico tra i più consistenti e al contempo tra i meno espressi.

Se è indubbio che occorre ripensare le politiche culturali per rendere il cultural heritage strategico anche per l’economia, si avverte comunque l’esigenza di valorizzare le opportunità già presenti, rafforzando il collegamento tra la formazione nell’ambito dell’eredità culturale e la formazione professionale richiamato della Convenzione di Faro (art. 13).

Come si può rinsaldare questo legame tra corsi di studio sul patrimonio culturale ed esigenze della società, in modo da superare la convinzione diffusa secondo cui “i beni culturali sono tanto affascinanti, ma è meglio coltivarli come hobby, perché non permettono di trovare un lavoro stabile senza essere sfruttati”? Sempre più forte è l’esigenza di affinare competenze realmente professionalizzanti, nella comunicazione ampia e inclusiva anche con il ricorso al digitale e alla virtualità, negli allestimenti, nell’editoria specializzata e divulgativa, nel restauro, nell’archeologia preventiva, nella collaborazione alla pianificazione territoriale attenta a rispettare e a valorizzare i beni culturali, in una rete di cooperazione tra Amministrazione pubblica e imprese di cui l’operatore culturale può diventare il fulcro.

Questa specializzazione delle competenze rischia però di arrivare al solo tecnicismo, capace di risultati anche spettacolari, ma privi di qualità, se non si impianta su conoscenze di base solide nell’ambito della storia, della cultura letteraria, dell’archeologia, della storia dell’arte e su un metodo rigoroso di ricostruzione storica.

Mentre giunge a compimento il lungo iter dei decreti attuativi della legge 110/2014, che disciplina gli ambiti di attività e l’istituzione di elenchi nazionali dei professionisti dei beni culturali, alla formazione 4.0 spetta raccogliere la sfida di attualizzare le competenze senza rinunciare alla lettura integrata di tutte le fonti utili a ricostruire lineamenti più o meno marcati dei nostri paesaggi culturali.

Next Heritage, 20 maggio, 2019

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